Tornare alle origini a volte si rivela deludente

Da ragazza ero letteralmente innamorata dei lavori di Banana Yoshimoto. Posso assolutamente dire di aver letto tutti i suoi libri ma fino ad un certo punto, e credevo dipendesse da me. Nel senso che pensavo di non riuscire più io a sostenere certi argomenti da lei trattati, ma mi sono dovuta ricredere. Amavo profondamente il suo modo così semplice e scorrevole di presentare il suo pensiero, raccontare quelle storie talmente quotidiane a volte, che riuscivo quasi a immaginarmi in determinate situazioni. Aggiungiamo pure che mi interessa moltissimo la cultura orientale e il loro modo di porsi al cospetto della vita, insomma mi aveva letteralmente stregata. Ma come dicevo prima, continuavo a comprare i suoi libri, ma a dispetto di prima, dopo aver letto qualche pagina, li lasciavo lì sul comodino. E non è da me perché sono il tipo che se inizia una cosa la deve sempre portare a termine, poi i suoi libri li divoravo letteralmente. Sì sicuramente le sue opere non sono “mattoni”, ma più che altro mi coinvolgevano a tal punto che dovevo finire assolutamente di leggere.

Tempo fa leggo nel web che era uscito un nuovo libro di Banana Yoshimoto dal titolo “Che significa diventare adulti?” e, un po’ solleticata dal titolo e un po’ perché volevo mettere alla prova il mio amore per lei, mi promisi che alla prima occasione utile lo avrei comprato.

L’occasione utile arriva qualche giorno fa quando esco dalla mia seduta di terapia, volevo farmi un regalo per i traguardi da me raggiunti grazie alla mia doc, ed entro in libreria.

Gira che ti rigira, non riuscivo a trovare sto benedetto libro (col senno di poi ho capito che era un segno ahahah) e chiedo alla libraia.

“Guardi è proprio qui davanti a lei!” mi risponde la libraia. Prendo il libro e già toccandolo non sentivo la “pienezza”, ma lo compro lo stesso. Nonostante tutto ero felice di riportarmi a casa un qualcosa che aveva fatto parte del mio passato.

Inizio a leggerlo la sera stessa e già dalle prime pagine, quello che la Yoshimoto chiama saggio, non mi convinceva. Ma mi dicevo “Dai Antone’ continua a leggerlo, tra qualche pagina magari trovi l’illuminazione”, e invece no, sono arrivata alla 90esima pagina e ho trovato questo libro assolutamente privo di emozioni, spunti sui quali riflettere, ben lontano da ciò che lei scrive nelle prime pagine:

“Nei momenti in cui vi sentite scoraggiati o così abbattuti da perdere la fiducia in voi stessi riprendete queste pagine, rileggetele, e vedrete che riuscirete a ritrovare la sintonia con la vostra interiorità e a rimettervi in carreggiata”.

Anche no e anche meno cara Yoshimoto, questo libro è un concentrato di ovvietà e luoghi comuni e la premessa che hai scritto l’ho trovata, alla fine della lettura, pretenziosa.

La bellezza di questo libro è nell’idea delle illustrazioni sulle pagine, ma per il resto lo ripongo nel mio scaffale tra i non piaciuti.

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